The seventh year itch – considerazioni a margine di ArcheoFOSS 2012
Come ogni anno l’atmosfera cordiale, l’organizzazione efficiente, il tenore e la varietà di contributi e discussioni sono stati interessanti indicatori della passione per l’archeologia, la metodologia e il futuro della disciplina che animano il movimento ArcheoFOSS.
A cominciare dagli affollati openLABS di lunedì è subito apparsa con chiarezza la richiesta di rinnovamento da parte delle giovani generazioni di archeologi e la possibilità per la cultura open di candidarsi a divenire strumento di rilancio dell’informatica nel settore dei BBCC, in una stagione in cui gli insegnamenti di applicazioni informatiche si stanno contraendo, stritolati dai meccanismi delle varie riforme universitarie.
Per la prima volta organizzato da una Soprintendenza, il workshop di quest’anno ha visto numerosi interventi sulle problematiche delle pubbliche amministrazioni impegnate sui fronti della tutela e della gestione del patrimonio culturale, in affiancamento all’ormai consolidato filone della presentazione di strumenti innovativi per il lavoro dell’archeologo e delle riflessioni a cavallo fra metodologia e tecnologie.
Le diverse sessioni di martedì e mercoledì e le animate discussioni in coda agli interventi sono lo specchio fedele di un mondo che sa essere al contempo spontaneo ma anche profondamente serio e impegnato, come d’altronde dimostra la presentazione degli atti del Workshop dello scorso anno, secondo una tradizione ormai consolidata.
Lungi dall’essere in crisi, al settimo anno il movimento continua a presentarsi come uno stimolante ispiratore di idee innovative e ‘pruriti’ di crescita che meritano di essere raccolti e presentati a livello istituzionale, come è emerso dalla tavola rotonda conclusiva e dall’assemblea del comitato organizzatore.
Reti/comunità, formazione, diffusione, interoperabilità: queste le parole chiave che il workshop indica per lo sviluppo di uno scenario futuro fra rinnovamento metodologico e innovazione tecnologica.
Uno scenario in cui, superato l’atteggiamento di sudditanza nei confronti degli strumenti, si possa fare in modo che le tecnologie informatiche entrino nelle metodologie in maniera programmatica e sempre più estesa, abbandonando la visione attuale che considera le prime sotto forma di “applicazioni” e le seconde come semplici e passivi ricettori.
In tal senso solo una cultura aperta e momenti reali di condivisione come i workshop di ArcheoFOSS possono infatti risultare efficaci nel rilanciare nel nostro settore un ‘discorso sul metodo’, che conduca ad un rinnovamento profondo e alla conseguente crescita di una nuova archeologia, in cui l’attributo digitale non sia più sinonimo di esoterico o iperspecialistico.
Grazie all’energia e alla passione di quanti hanno organizzato e animato il workshop di quest’anno è stato fatto un altro concreto passo nella direzione di una archeologia che sia globale non solo nella dimensione della conoscenza, ma anche e soprattutto della capacità di confronto e condivisione.
Giuliano De Felice, 14 giugno 2012